Nichilismo

nichilismoFerruccioMasini

Il nichilismo ha corroso le verità e indebolito le religioni, ha anche dissolto i dogmatismi e fatto cadere le ideologie, insegnandoci così a mantenere quella ragionevole prudenza del pensiero, quel paradigma di pensiero obliquo e prudente, che ci rende capaci di navigare a vista tra gli scogli del mare della precarietà, nella traversata del divenire, nella transizione da una cultura all’altra, nella negoziazione tra un gruppo di interessi e un altro.

Dopo la caduta della trascendenza e l’entrata nel mondo moderno della tecnica e delle masse, dopo la corruzione del regno della legittimità e il passaggio a quello della convenzione, la sola condotta raccomandabile è operare con le convenzioni senza credervi troppo, il solo atteggiamento non ingenuo è la rinuncia a una sovradeterminazione ideologica e morale dei nostri comportamenti. La nostra è una filosofia di Penelope che disfa incessantemente la sua tela perché non sa se Ulisse ritornerà.

F. Volpi, Il nichilismo, Laterza, Bari (2004)

La vita

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La vita è il solo modo
per coprirsi di foglie
prendere fiato sulla sabbia
sollevarsi sulle ali
essere un cane
o carezzarlo sul suo pelo caldo
distinguere il dolore
da tutto ciò che dolore non è
stare dentro gli eventi
dileguarsi nelle vedute
cercare il più piccolo errore
un’occasione eccezionale
per ricordare per un attimo
di che si è parlato
a luce spenta
e almeno per una volta
inciampare in una pietra
bagnarsi in qualche pioggia
perdere le chiavi tra l’erba
e seguire con gli occhi una scintilla di vento
e persistere nel non sapere
qualcosa d’importante

W. Szymborska

La ragione

gerlmaganyosQuel che vale, questa ragione, non domandatelo ai filosofi, il cui mestiere è di trattarla con cautela, di difenderla. Per coglierne il segreto, rivolgetevi a coloro che la conobbero a loro spese e sulla loro pelle. Non è un semplice caso che Lutero la chiamò puttana; lo è sia per natura sia per contegno. Non vive forse di simulazione, di volubilità e d’impudenza? Poiché non si lega a nulla, poiché non è nulla, si concede a tutti, e tutti possono avvalersene: i giusti e gli ingiusti, i martiri e i tiranni. Non c’è causa che non serva: mette tutto sullo stesso piano, senza reticenza, senza debolezza né predilezione alcuna; il primo venuto ottiene i suoi favori. Solo gli ingenui la proclamano il nostro bene più grande. Lutero l’ha smascherata. È pur vero che non a tutti è dato di essere visitati dal Diavolo.

E.M. Cioran, La tentazione di esistere, Adelphi, Milano (1984)

Il gran buco che si chiama anima

cavaliereUn mezzo, che uccide l’anima, ma poi ne fa tante piccole scatole di conserva per il pubblico consumo, è sempre quello di mescolarla con la ragione, con le convinzioni e con l’azione pratica, ed è stato usato con successo da tutte le morali. filosofie e religioni. […] …non appena un’anima ha un po’ di morale, di religione o di filosofia, un’approfondita educazione borghese oppure degli ideali in materia di dovere e di bellezza, ecco che le è donato un sistema di precetti, clausole e istruzioni per l’uso, che essa deve osservare prima ancora di potersi credere un’anima degna di nota, e la sua massa incandescente, come quella di un altoforno, vien condotta attraverso un ben regolato sistema di crogiuoli.
Allora non rimangono, in sostanza, che logici problemi di interpretazione, per esempio se un’azione cada sotto questo o quel comandamento, e l’anima offre il tranquillo spettacolo di un campo dopo la battaglia, dove i morti giacciono immobili e si può veder subito se ancora si agiti o gema qua e là un residuo di vita. Perciò l’uomo affretta più che può il procedimento. Se lo tormentano crisi di fede, come accade talvolta in gioventù, passa tosto alla persecuzione degli infedeli; se è l’amore che lo tortura, lo trasforma in matrimonio; e se è sopraffatto da qualche entusiasmo si sottrae all’impossibilità di vivere in permanenza nel fuoco, incominciando a vivere per quel fuoco. Vale a dire, riempie i molti momenti della sua giornata – ciascuno dei quali richiede un contenuto e uno sprone – non con la sua condizione ideale ma con l’attività necessaria per la sua condizione ideale, cioè con i molti mezzi, ostacoli e incidenti che gli dànno certissima garanzia di non conseguirlo mai. Perché solo i pazzi, gli squilibrati e i maniaci possono resistere a lungo in mezzo al fuoco dell’entusiasmo; l’uomo sano deve contentarsi di dichiarare che senza una scintilla di quel fuoco misterioso la vita non gli parrebbe degna di essere vissuta.

R. Musil, L’uomo senza qualità, Einaudi, Torino (1957)

Un serbatoio di indeterminazione

indeterminazioneIl progresso del sistema nervoso si è realizzato, contemporaneamente, nella direzione di un adattamento più preciso dei movimenti e in quella di una più ampia libertà di scelta fra di essi lasciata all’essere vivente. Queste due tendenze possono apparire antagoniste, e in effetti lo sono. […] Dalla più umile monera agli insetti meglio dotati, fino ai vertebrati più intelligenti, il progresso realizzato è stato soprattutto un progresso del sistema nervoso con tutte le creazioni e le complicazioni strutturali che, a ogni grado, questo progresso esigeva. […] Il compito della vita è introdurre indeterminazione nella materia. Indeterminate, cioè imprevedibili, sono le forme che essa crea mano a mano che evolve. Sempre più indeterminata, cioè sempre più libera, è anche l’attività a cui queste forme devono servire da veicolo. Un sistema nervoso con dei neuroni connessi in modo tale che all’estremità di ognuno di essi si apra una molteplicità di strade, in cui si pongano altrettante domande, è un vero e proprio serbatoio di indeterminazione.

H. Bergson, L’evoluzione creatrice, Rizzoli, Milano (2012)

Il cielo stellato

van_gogh_notte_stellata(1)Due cose riempiono l’animo di ammirazione e venerazione sempre nuova e crescente, quanto piú spesso e piú a lungo la riflessione si occupa di esse: il cielo stellato sopra di me, e la legge morale in me. Queste due cose io non ho bisogno di cercarle e semplicemente supporle come se fossero avvolte nell’oscurità, o fossero nel trascendente fuori del mio orizzonte; io le vedo davanti a me e le connetto immediatamente con la coscienza della mia esistenza. La prima comincia dal posto che io occupo nel mondo sensibile esterno, ed estende la connessione in cui mi trovo a una grandezza interminabile, con mondi e mondi, e sistemi di sistemi; e poi ancora ai tempi illimitati del loro movimento periodico, del loro principio e della loro durata. La seconda comincia dal mio io indivisibile, dalla mia personalità, e mi rappresenta in un mondo che ha la vera infinitezza, ma che solo l’intelletto può penetrare, e con cui (ma perciò anche in pari tempo con tutti quei mondi visibili) io mi riconosco in una connessione non, come là, semplicemente accidentale, ma universale e necessaria. Il primo spettacolo di una quantità innumerevole di mondi annulla affatto la mia importanza di creatura animale che deve restituire al pianeta (un semplice punto nell’Universo) la materia della quale si formò, dopo essere stata provvista per breve tempo (e non si sa come) della forza vitale. Il secondo, invece, eleva infinitamente il mio valore, come [valore] di una intelligenza, mediante la mia personalità in cui la legge morale mi manifesta una vita indipendente dall’animalità e anche dall’intero mondo sensibile, almeno per quanto si può riferire dalla determinazione conforme ai fini della mia esistenza mediante questa legge: la quale determinazione non è ristretta alle condizioni e ai limiti di questa vita, ma si estende all’infinito.

I. Kant, Critica della ragion pratica, Laterza, Bari (1974)

Il cavaliere e la sua ombra

coseegiudQuando il sole imporporò il cammino, l’ombra si allungò tra pietre e dure sterpaglie. E il cavaliere cominciò a rallentare l’andatura fino a che si fermò vicino a un fuoco giovane. E un vecchio, che accarezzava le fiamme con le mani, salutò il cavaliere. Questi scese di sella e parlarono. Poi il cavaliere continuò per la sua strada.
Quando l’ombra cadde sotto gli zoccoli del cavallo, il cavaliere si fermò un istante e scambiò alcune parole con un uomo che lo aveva chiamato dal ciglio della strada.
Quando l’ombra si allungò alle spalle del cavaliere, questi non rallentò più il passo. E un giovane che voleva fermarlo riuscì solo a gridargli: “Stai andando nella direzione opposta!”.
Ma la notte fece smontare di sella il cavaliere; ed egli, solo, vide l’ombra nella sua anima. Allora, sospirando tra sé e le stelle, disse:
“In uno stesso giorno, un vecchio mi ha parlato della solitudine, della malattia e della morte; un uomo, di come sono le cose e della realtà della vita. Infine, un giovane, che neanche è riuscito a parlarmi, ha cercato, gridando, di deviare la mia strada verso una direzione sconosciuta.”
Il vecchio aveva paura di perdere le sue cose e la sua vita; l’uomo, paura di non riuscire a cogliere ciò che credeva fossero le sue cose e la sua vita; ed il giovane, paura di non poter fuggire dalle sue cose e dalla sua vita.
Strani incontri questi, in cui il vecchio soffre per il suo breve futuro e si rifugia nel suo lungo passato. L’uomo soffre per la sua situazione presente e cerca riparo in ciò che è accaduto ed in ciò che accadrà, a seconda che guardi davanti a sé od alle proprie spalle. Ed il giovane soffre perché il suo breve passato lo tallona e si rifugia in un lungo futuro.
Tuttavia, riconosco in quei tre volti il mio volto e mi sembra di comprendere che ogni essere umano, qualunque sia la sua età, può passare da un tempo all’altro e vedere in ognuno di essi fantasmi che non esistono. O forse esiste oggi l’offesa che ho patito nella mia gioventù? Forse esiste oggi la mia vecchiaia? E’ forse reale il pericolo che in questa oscurità si annidi già la mia morte?

Ogni sofferenza s’insinua attraverso il ricordo, l’immaginazione od attraverso ciò che viene percepito. Ma è anche grazie a queste tre vie che esistono il pensiero, il sentimento e l’azione dell’essere umano. Allora, è vero che queste tre vie sono necessarie, ma è anche vero che esse diventano canali di distruzione quando la sofferenza le contamina.
Ma la sofferenza non sarà forse il segnale che la vita ci invia quando la sua corrente si inverte?
La vita può essere invertita da qualcosa (che non conosco ) che si fa nella vita stessa.
Ma se è così, quel vecchio, quell’uomo e quel giovane qualcosa hanno fatto nella loro vita perché essa si invertisse.
Allora il cavaliere, che meditava nell’oscurità della notte, si addormentò. Addormentandosi, sognò e nel suo sogno il paesaggio si illuminò.
Si trovava al centro di uno spazio triangolare chiuso da muri di specchi. Gli specchi riflettevano la sua immagine, moltiplicandola. Se sceglieva una direzione, si vedeva vecchio, se ne prendeva un’altra, il suo volto era d’uomo o di ragazzo…
Ma egli si sentiva un bambino, al centro di se stesso.
Allora tutto cominciò a oscurarsi e quando non poté riconoscere altro che la nera oscurità, il cavaliere si svegliò.
Aprì gli occhi e vide la luce del sole. Poi montò a cavallo e, vedendo che l’ombra si allungava, disse tra sé: “E’ la contraddizione ciò che inverte la vita e genera sofferenza… Il sole cala affinché il giorno si trasformi in notte. Ma come sarà il giorno, dipenderà da ciò che io ne farò.”

Mario Luis Rodríguez Cobos detto Silo , Opere Complete, vol. 1°, Multimage (2003)

Cose e giudizi sulle cose

coseegiud_2Non sono le cose a turbare gli uomini, ma i giudizi sulle cose. Per esempio la morte non è affatto terribile […], ma il giudizio sulla morte, e cioè che sia terribile, ecco quel che è terribile. Quando dunque siamo ostacolati, o turbati, o soffriamo, non accusiamo mai nessun altro se non noi stessi, ovvero i nostri giudizi. È proprio di chi è ignaro di filosofia accusare gli altri delle proprie disgrazie; è proprio invece di chi ha cominciato a istruirsi accusare se stesso; è proprio infine di chi si è educato nella filosofia non accusare né gli altri né se stesso.

Epitteto, Manuale, Rizzoli, Milano (2000)

Come l’acqua

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È indispensabile che un fiume abbia un letto, altrimenti non si avrebbe un fiume ma un pantano. Potendo sfuggire, l’acqua avrebbe l’illusione momentanea di aver ottenuto la libertà, di aver riacquistato l’integrità della sua potenza. Ma la potenza si esaurisce in assenza di argini; anche con il solo ostacolo rappresentato dalla sua estensione illimitata, la furia dell’acqua incanalata scenderebbe sopraffatta sulla pianura sterminata. Il letto serve al fiume tanto quanto la furia della corrente dell’acqua che scorre in esso. Ed è un bene che la vita si precipiti di corsa: lo sfuggire della semplice presenza fisica che cade nelle pieghe del tempo, l’angoscia di passare, si trasforma nella gioia di essere in cammino.

Ciò che fa la Filosofia quando è fedele a se stessa è precisamente mostrarci tale percorso, rivelandosi dunque una guida, un cammino di vita.

Maria Zambrano, Verso un sapere dell’anima – Raffaello Cortina Editore (1991)